All'asilo notturno
Attraverso la nebbia e il tenebrore,
stringendo a l’ammalato
petto, con senso di mortal timore,
il bimbo assiderato,
tutta ravvolta ne lo scialle stinto,
dolorosa di fame,
giunse al notturno asil, bruto sospinto
da l’ansia d’uno strame:
e per la carità di quella notte,
curva tremando, come
colpevole alla gogna, a voci rotte
disse la patria, il nome,
la straziante istoria del passato,
de l’improvviso lutto,
lo schianto de lo sgombero forzato,
l’urto nel fango, tutto:
E sol quand’ebbe, vergognando, messo
a nudo il rimordente
cancro de la sua vita, a lei concesso
fu un letto.... — finalmente. —
Ella dorme d’un sonno alto, oblioso.
col suo bambino a lato.
Su lei, su l’altre che a l’asil pietoso
scaraventò il selciato,
casta raccoglie le grand’ali bianche
la breve ora di pace;
nei franti cuori, ne le membra stanche
ogni spasimo tace.
.... Ella sogna. — S’allarga sul guanciale
il denso crine attorto,
e sembra la coperta glaciale
d’una cassa da morto.
Ella sognando va ch’ora e per sempre
è suo quel caldo letto.
.... O riposo, o dolcezza!... ora e per sempre
è suo quel caldo letto!...
E la tranquilla vision le arride
d’una stanza ove cuce
essa cantando, mentre il bimbo ride
del foco a l’area luce:
imbianca i vetri l’ultima carezza
del giorno in agonia,
e al nido porta l’alitante brezza
le voci de la via....
.... Stride una squilla: al dormitorio austero
s’affaccia e ghigna l’alba.
Balza la Triste dal letto straniero
ne la penombra scialba:
rimette cenci su la carne ignuda:
torna col figlio al noto
orror de l’abbandono, a l’aria cruda,
ai perigli, a l’ignoto,
a la caccia del pane!... Avida mira
l’ampia città che fuma,
che da le ansanti fabbriche respira
e fischia tra la bruma,
a la forza inneggiando e a la fatica
con tumulto canoro....
.... Avida mira, come una nemica:
essa non ha lavoro.