Rileggere Ada Negri

Ada Negri, Alda Merini e Sylvia Plath: poesie dell'anima femminile da leggere e rileggere

L'8 marzo, Giornata internazionale per i diritti della donna, è un'occasione (tra le tante) per leggere le donne.
Leggerle significa riconoscerle per come si sono raccontate nella loro letteratura e per cogliere i frammenti che insieme costruiscono un'idea di femminilità complessa e cangiante a seconda delle epoche, delle personalità e delle esperienze.

Leggere le donne, nella letteratura e nella vita, è un invito rivolto a tutti.
Un gesto che non vuole isolare e segmentare per genere, ma al contrario accogliere e includere in un'urgenza comune: scoprire, comprendere e rispettare.

Ci sono donne che hanno espresso se stesse attraverso ricchissime produzioni letterarie, di poesia e prosa, e che illuminano il catalogo Oscar Mondadori con la loro presenza.
Oggi ne riscopriamo tre sfogliando le pagine delle loro opere nei volumi Oscar Moderni Baobab: Ada Negri, Alda Merini e Sylvia Plath.

Tre idee diverse di poesia e di femminilità da rileggere.

 

Ada Negri: la scrittrice di "razza diversa"

Ribelle e combattiva, Ada Negri (1870-1945) ha fatto della letteratura (soprattutto della poesia) un'arma di battaglia. Il volume Poesie e prose, a cura di Pietro Sarzana, offre una visione completa del suo mondo.
Si definiva "ostile, armata, di razza diversa". Ciò che definiva la sua razza erano le umili origini e l'essere donna.

Negri fu molto più che una "maestra di Lodi", fu una scrittrice caparbia e straordinariamente prolifica che scandì la sua esistenza attraverso la letteratura, definendo il mondo e se stessa. Fu sempre impegnata, nei modi più diversi, a lottare per gli umili, gli operai, gli ultimi. La sua gente.
Sin dall'esordio del 1892 con Fatalità ci ha consegnato una poesia sdegnata, dal forte afflato sociale.

Era una donna proletaria animata da una rabbia che l'ha portata a elevare gli umili a protagonisti della sua poesia.
Un canto delicato e violento che si nutre di donne straordinarie, le stesse che lei conosceva bene: le madri sole, le operaie che perdevano il lavoro in fabbrica, le figlie del popolo, le vedove affrante. Della questione sociale ha fatto una questione di genere, omaggiando le donne e ritraendo se stessa in loro.

La tensione tra rappresentazione sociale e intima è costante: la poesia e la novellistica di Ada Negri sono il suo migliore autoritratto, la sua biografia definitiva.

Sorse improvvisa nel mio cervello l'idea di una poesia dritta e tagliente come lama di coltello, che dicesse, con l'evidenza del sangue che sgorga a fiotti da una piaga, i dolori e le miserie della povera gente...

Sono "versi di pietà e di conforto". La femminilità di Ada Negri era sorellanza nella gioia e nell'afflizione, ma anche impeto e slancio.
Un invito alle donne a non piegarsi, anche laddove il mondo cerca di annullarle.

Non c'è solo il ritratto sociale, c'è anche un discorso sull'anima femminile che si esprime in parole d'amore, di erotismo e maternità, quest'ultima indagata nelle ansie, nei dolori e nella magica grandezza. Una raccolta del 1904 si intitola proprio Maternità.

Il femminismo per lei era libertà di definirsi, come fece nella poesia Io dove parla di se stessa come figlia, moglie, madre, monaca di clausura, gitana, spensierata rondine e, naturalmente, poetessa.

Anche le raccolte in prosa, come Le solitarie novelle del 1917, presentano donne straordinarie. Di loro scrisse: "Non una delle figure di donna che vi sono scolpite o sfumate mi è indifferente". La si ritrova in personaggi come Veronetta Longhena di cui lei stessa s'innamorò:

Veronetta Longhèna, tu mi piaci.
Il tuo sorriso è quello delle zingare,
bianco e rosso, con linee
sinuose, con fremiti fugaci
di sarcasmo e d'orgoglio. 

Era una zingara nell'anima, Ada Negri: "una donna che in nessun paese ha mai trovato requie, e sta ancóra cercando se stessa".
Rileggerla per l'8 marzo significa godere di una poesia che è come una ricerca continua, come un risveglio.