Fatalità

Questa notte m’apparve al capezzale
una bieca figura.
Ne l’occhio un lampo ed al fianco un pugnale,
mi ghignò sulla faccia. — Ebbi paura. —
Disse: «Son la Sventura.»

«Ch’io t’abbandoni, timida fanciulla,
non avverrà giammai.
Fra sterpi e fior, sino alla morte e al nulla,
ti seguirò costante ovunque andrai.»
— Scostati! ... singhiozzai.

Ella ferma rimase a me dappresso.
Disse: «Lassù sta scritto.
Squallido fior tu sei, fior di cipresso,
fior di neve, di tomba e di delitto.
Lassù, lassù sta scritto.»

Sorsi gridando: — Io voglio la speranza
che ai vent’anni riluce,
voglio d’amor la trepida esultanza,
voglio il bacio del genio e della luce! ...
T’allontana, o funesta. —

Disse: «A chi soffre e sanguinando crea,
sola splende la gloria.
Vol sublime il dolor scioglie all’idea,
per chi strenuo combatte è la vittoria.»
Io le risposi: — Resta. —

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Fatalità
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